Equitalia e corruzione. Chi doveva controllare, dov’era?
Storie di Corruzione. Potrebbe essere questo il titolo di un libro che in Italia avrebbe molte, troppe, pagine.
Storie di agenzie di ricossione un pò poco trasparenti e di funzionari un pò poco interessati al loro lavoro.
Quante ne abbiamo sentite fin’ora? Beh, eccone una nuova, giusto per non farci mancare nulla e per rinfrescare la memoria. La corruzione nel Bel Paese è praticamente endemica; incontrollata, colpisce ogni angolo ed ogni tipo di attività. L’importante è abbattere i costi al minimo, e chiessenefrega poi se qualche lavoratore ci rimette e non torna a casa la sera, tanto poi a quelli che mi vengono a controllare allungo una bella manciata di banconote ed è tutto a posto.
Equitalia dicevamo: è notizia di oggi che la Guardia di Finanza sta perquisendo 29 tra uffici e case di funzionari ed imprenditori. Corrotti e corruttori tutti insieme nell’ennesimo calderone romano, in un’inchiesta partita per capire come fosse possibile la sparizione di debiti, l’approvazione di rateizzazioni senza requisiti o la rinuncia da parte di Equitalia alle azioni contro gli immobili delle persone in contenzioso. Già, perchè molto simpaticamente, Equitalia quando arriva ad un certo punto va a rivalersi sulle proprietà immobiliari delle persone e così, è capitato per per 2 mila euro di debiti non contestati, alcune persone si sono ritrovate senza saperlo la casa ipotecata.
Deboli con i forti e forti con i deboli, quante volte abbiamo sentito questa storia? Picchia e fallo duramente il povero artigiano/pensionato/disperato che ci ha provato in tutti i modi a sopravviere ma proprio non ce l’ha fatta a sanare il debito con i simpaticoni di Equitalia e ammorbidisciti fini a diventare fluido, incorporeo, quasi paludoso, con coloro che si presentano alla tua porta con una mazzetta di soldi in mano perchè, alla fine, in Italia pagare mazzette è molto più conveniente che avere a che fare con un fisco opprimente ed iniquo.
Il motto di Equitalia se letto con il senno di poi sembra proprio una beffa: “Per un Paese più giusto”. Davvero? Allora visto che stiamo parlando di giustizia, chi doveva controllare mentre i cinque dipendenti infedeli intascavano e cancellavano, dov’era?
Quando parliamo di pignoramenti, ipoteche e confische di beni immobili, parliamo di levare la casa o metterci sopra talmente tante tasse accessorie da rendere impossibile, a chi ha un problema, di risolverlo. Pagare i debiti con altri debiti. Mentre alcune persone venivano buttate in mezzo alla strada, invece che gettare loro un salvagente, gli si tirava addosso un blocco di cemento, chi doveva controllare ciò che accadeva, cosa faceva?
Chi tormenta i cittadini dovrebbe avere un meccanismo di controllo, dovrebbe esserci qualcuno che controlla che tutto questo potere non venga usato a scopi illeggittimi ed invece, in Italia, ci troviamo davanti al paradosso che gli unici che cercano di scoprire cosa succede nelle stanze buie, sia la magistratura che, con le sue risorse limitate e continuamente messa sulla graticola e poi all’indice dalla politica, prova a dare una parvenza di giustizia ad un paese fondato quasi per intero sulla corruzione ad ogni livello, su connivenze silezione, su squallidi scambi di buste e corpi, in stanze buie e dimesse.
E mentre leggo l’evolversi, ora dopo ora, di ciò che accade in questa nuova inchiesta, una domanda assilla i miei pensieri e non riesce ad uscire: chi doveva controllare, dov’era?